giovedì 14 febbraio 2019

Il Secolo XIX 2019-02-13 " Costi e benefici ecco i motivi del no "


2019-02-14 " Considerazioni sul costo della TAV - tratto italiano -

Dal Sito del MIT


Relazione tecnico-giuridica Stralcio

Pag. 21

che il costo della parte comune italo-francese è stimato da LTF in 10 circa miliardi di euro; che, come riporta la relazione istruttoria, il costo della tratta in territorio italiano della parte comune italofrancese, al netto dell’IVA, è pari a circa 4.285,5 milioni di euro, di cui 3.561,6 milioni di euro per lavori e 723,9 milioni di euro per somme a disposizione; che, rispetto a tale importo, sono previsti i seguenti ulteriori costi: 236,5 milioni di euro come costo stimato delle prescrizioni proposte dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, compresa la realizzazione per fasi; 41,5 milioni di euro per opere compensative; che, pertanto, il limite di spesa della tratta in territorio italiano si attesta a 4.563,5 milioni di euro; 11 La
che la ripartizione dei costi tra Francia e Italia, al lordo del cofinanziamento europeo, è stata concordata nel 2004 (memorandum di intesa del 5 maggio 2004); che sono in corso negoziati tra i due Paesi per un nuovo accordo sulla ripartizione dei costi che tenga maggiormente conto della incidenza territoriale delle opere della parte comune. 12
4.563,5 – 40% ( Contributo Europa ) = € 2738,1

pag. 22

Da essa emerge che (pag. 8) “al lordo del contributo della UE la quota italiana a valori correnti (calcolata al tasso dell’1,5per cento) della tratta in territorio italiano è pari a 1823 mln di euro” e che “Il Ministero delle infrastrutture …riferisce sugli importi della copertura finanziaria della sezione transfrontaliera, in assenza di contributo europeo pari al valore massimo del 40 per cento del costi”.

1873mln – 40% ( contributo Europa ) = € 1.123,8

2.738.1 + 1.123,8 = € 3.861,9 Questa cifra è esclusa IVA, l'IVA per lo Stato è una partita di Giro Comunque l'IVA vale € 849.61 + 3.861,9 = € 4.711,51

Pag 23


Lo stato dell’opera14
La Sezione Transfrontaliera comporta la realizzazione di 160 km di gallerie. In particolare il tunnel di base si compone di due canne parallele di 57,5 km ad una distanza variabile tra i 40 e gli 80 m, collegate da 3 bypass per ogni chilometro, oltre a 3 discenderie in Francia e 1 in Italia.
Completano l’infrastruttura le gallerie artificiali, i pozzi di ventilazione, le caverne, le aree di sicurezza sotterranee e i due tubi dell’interconnessione tra Susa e Bussoleno.
Rispetto a questo totale, il 15% delle gallerie è già stato scavato.
Sono stati altresì effettuati nel complesso oltre 65 km di sondaggi, se comprendiamo anche i carotaggi e gli studi necessari per la progettazione.


Ho studiato il reportage del Corriere della sera del 2019-02-11 che riporta un costo ancora da sopportare di 4.2 miliardi di €

Invece il reportage de il Giornale datato 2019.01.17 Riporta un costo residuo di 4,8 milioni di € Il giornale fa un po' di casino nel riportare le cifre.

Entrambi i giornali sono stati reperiti sul Web


Non esprimo nessun commento sul battage delle televisioni che riportano il costo dell'opera per la nostra parte di 20 Miliardi

Sto leggendo la relazione Costi/Benefici che è di 79 pagine ma al momento non posso concordare sul ritenere i costi, dei pedaggi autostradali e i costi delle accise, perdite per l'erario

Stiamo facendo “ guerra a Trump ed ai Polacchi e ai Norvegesi che vogliono utilizzare il carbone e diamo contributi per lo sviluppo delle energie alternative per la riduzione del Pm10, il CO2 e NO2 responsabili dell'inquiinamento atmosferico


Savona, 14/02/2019 


 



CORRIERE DELLA SERA

Tav, il costo dell’opera e i 5 Stelle: balletto di cifre e di bugie

Il ministro Toninelli continua a ripetere che l’opera costerebbe 20 miliardi. Una cifra abnorme e non corroborata da alcun dato fattuale: ma anche la matematica, ormai, è un dettaglio


Tav, il costo dell’opera e i 5 Stelle: balletto di cifre e di bugie
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A ripeterle di continuo sembrano vere anche le bugie, figurarsi i numeri. «La Tav costa 20 miliardi» dice il ministro Toninelli. «Costa 20 miliardi» ripetono Di Maio e Bonafede. Ok, il Movimento 5 Stelle ha trovato il prezzo giusto per azzerare qualunque discussione e far passare l’alta velocità Torino-Lione come una ingiustizia ai danni dei contribuenti italiani, costretti a spendere una cifra abnorme.
È una strategia di mercato, che infatti sta dando i suoi frutti. Basta farsi un giro sui social orchestrati dalla Casaleggio&Associati per capire che quella somma deve diventare l’arma definitiva. Non è un semplice problema di Tav. È piuttosto la sensazione che ormai tutto, anche la realtà, possa essere piegato a piacimento per le proprie esigenze di sopravvivenza politica.



Dunque, i numeri, per quel poco che ancora valgono. Quelli della Tav sono scritti nell’accordo internazionale approvato nel 2016 dai 4 rami dei 2 rispettivi Parlamenti, Camera e Senato di Francia e Italia. Il nostro Paese spenderà sull’intera opera 4,6 miliardi di euro, 2,9 dei quali per la sezione transfrontaliera, il buco nella montagna insomma, e altri 1,7 miliardi per la tratta nazionale, ovvero da Avigliana al nodo ferroviario di Torino. Se la quota di finanziamento dell’Unione europea dovesse salire al 50 per cento, oggi è al 40%, come annunciato lo scorso dicembre, il costo totale per noi scenderà a 4,2 miliardi.
Ma ce li abbiamo questi soldi? In parte sì. La quota italiana del tunnel è quasi completamente coperta con lo stanziamento deciso dalla Finanziaria del 2012. Potremmo spenderli per aggiustare strade e scuole, come sostiene Di Maio? No. In caso di sospensione dei lavori, i 2,5 miliardi già disponibili non possono essere dirottati su altri progetti, in quanto necessari per pagare la messa in sicurezza dei 25,5 chilometri di gallerie già realizzate, il ripristino delle aree di cantiere e la gestione dei contenziosi.
Ai 20 miliardi di Toninelli ci si avvicina sommando gli oneri francesi, quindi aggiungendo agli 1,7 miliardi della nostra tratta interna e agli 8,6 di costo totale della sezione transfrontaliera, che entrambi i Paesi si sono impegnati a non modificare, pure i 7,7 miliardi che il governo di Parigi metterà di tasca propria per ammodernare la ferrovia verso Lione.
A far finta di ignorare il fatto che sui percorsi nazionali nessun impegno è stato ancora formalizzato, e volendo prendere per buona la preoccupazione dei ministri di M5S per le finanze della Francia, con la quale notoriamente il nostro governo ha rapporti eccellenti, si arriverebbe comunque «solo» a 18 miliardi. Ma anche la matematica ormai è un dettaglio

 
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IL GIORNALE

I costi della Tav e la balla dei 20 miliardi

Francesco Forte - Gio, 17/01/2019 - 08:57


Ignorando il principio di Einaudi «conoscere per deliberare», i 5 stelle scrivono sui loro blog che la Tav costa 20 miliardi.
Pura fantasia, in termini piatti «una bufala». Dai documenti ufficiali (il Trattato europeo sottoscritto dall'Italia e dagli altri Paesi coinvolti) si desume che la Tav per il versante italiano, al massimo, costa 7,8 miliardi, di cui il 40% erogati dall'Europa, che l'ha approvata, con l'analisi costi-benefici, come progetto di interesse comune. Dunque all'Italia l'opera costa circa 4.700 milioni (il 60% di 7,8 è 4,68). Il traforo nella parte italiana costa 3 miliardi e quindi all'Italia 1,8 miliardi. Le opere di adduzione ne costano circa 4,8, cioè per l'Italia 2,9. In parte si tratta d'opere per arrivare al traforo, circa un miliardo. Il resto serve per un tunnel nel tratto verso Torino e una «bretella» per far passare il traffico merci Tav oltre Torino. Un sottosegretario Cinque stelle ha affermato che è assurdo spendere 20 miliardi per ridurre di mezz'ora il tempo di percorrenza fra Torino e Lione: ignorando (o forse sorvolando sul fatto) che questo traforo, finanziato dall'Europa, assieme alle opere di adduzione sul versante francese e su quello italiano si chiama «corridoio mediterraneo» ed è lungo 3mila km, metà circa nel tratto franco-spagnolo; l'altra metà nel tratto Italia-Slovenia-Ungheria sino al confine ucraino. La Torino-Lione è lunga 234 km, ossia il 7,8% del «corridoio rapido su rotaia». Si noti che nella parte italiana questo «corridoio» si collegherà, tramite il traforo del Brennero alla Tav italo-austriaca diretta verso Nord. Tramite il raddoppio del Canale di Suez ultimato nel 2015, i porti italiani potranno fruire del traffico proveniente dall'Asia, in particolare quello di Gioia Tauro, quello di Trieste e quello di Genova-Savona. Il ministero dei Trasporti attuale e i suoi esperti cosiddetti «tecnici» (come se le analisi costi-benefici non fossero basate su principi etici e politici) hanno uno strano modo di ragionare per decidere se convenga o no fare un'opera - Tav o Tap o altra - bocciata dalla loro analisi costi-benefici. La affiancano con una stima «giuridica» del costo della revoca del contratto già sottoscritto, per accertare se esso supera o è inferiore al costo di continuare l'opera. Nel primo caso l'opera va fatta. Nel secondo no. Questo ragionamento è sbagliato. Una massaia non ragiona così.
Supponiamo che in un supermercato essa veda una merce che di solito non compra perché «è troppo cara». Ma ora ci sono dei saldi e i prezzi sono dimezzati. L'articolo ora le conviene perché il risparmio sul budget è inferiore al beneficio che si perde a non comprarlo. Non basta confrontare i due costi, si deve anche tener conto della perdita del vantaggio derivante dal non fare quella spesa. Nel caso della Tav gli indennizzi alla Francia per le spese già sopportate e la restituzione all'Unione
uropea delle sovvenzioni ricevute da Spagna e Francia, causano un onere di circa 4,2 miliardi per chi rompe il contratto. Ammettendo che la Francia, la Spagna, la Slovenia e l'Ungheria non reclamino risarcimenti per il danno economico di tale rottura, il costo per l'Italia della revoca della Tav è di 4,2 miliardi contro il costo della Tav di 4,8. La differenza di 600 milioni è il costo del fare la Tav rispetto a non farla. Unire i mercati europei a Sud delle Alpi e quelli dell'Est, collegare le nostre culture e società, con una grande opera tecnologica non vale neppure 600 milioni?


martedì 12 febbraio 2019

2019/02/11 Da Il Secolo XIX WEB

Da IL SECOLO XIX WEB
A genova 11 febbraio 2019

Morandi, settimana prossima giù un’altra trave. Bucci: «Non mi hanno detto il giorno»




“” Omissis “”

Stralcio

Lavori, 50 tecnici presentano un esposto alla Corte dei Conti

Per «presunte incongruenze e anomalie nel processo decisionale e nel procedimento di affidamento relativo ai lavori di demolizione e ricostruzione del Ponte Morandi a Genova», una cinquantina tra ingegneri, architetti, docenti universitari e liberi professionisti di diverse città italiane hanno presentato un esposto alla Corte dei Conti della Liguria. Il capofila dell’iniziativa è il professor Enzo Siviero, ingegnere esperto di ponti. I professionisti chiedono di attivare i necessari accertamenti e provvedimenti al fine di evitare eventuali danni erariali. Per i firmatari dell’esposto la scelta di demolire interamente il viadotto e ricostruirlo non trova una giustificazione tecnica e soprattutto comporterebbe un grave danno erariale.
«La demolizione integrale dell’opera e della sua totale ricostruzione non appare razionale né sufficientemente motivata», in quanto costituirebbe «una perdita irreversibile per il patrimonio pubblico oltre a comportare un produzione di un ingente volume di detriti», scrivono i firmatari nell’esposto.
Non solo, nelle 5 pagine ora al vaglio della procura contabile, i firmatari sottolineano come il costo annunciato di oltre 200 milioni di euro sia eccessivo e spiegano come «il costo della ricostruzione della sola parte crollata e consolidamento dell’esistente è invece stimabile, in base ai costi correnti di mercato, tra i 70 ed i 90 milioni, con un tempo di esecuzione inferiore ai 12 mesi». Contestata anche la procedura di affidamento della demolizione e della ricostruzione che giudicano «anomala» in quanto affidate senza gara o comunque procedura concorrenziale ad evidenza pubblica.”


2019/02/10 Considerazioni del Comitato

A genova 10 febbraio 2019 da Il Secolo XIX WEB

Inchiesta sul Morandi: «Sabbia e iuta nelle macerie». Nuova lista di indagati

Stralcio 

La consegna del dossier svizzero, la cui traduzione dovrà peraltro essere rifatta dopo le contestazioni di Autostrade, contiene pure passaggi nei quali si ribadisce che i tiranti erano «degradati da tempo». E però il contenuto di altre parti, di nuovo nell’opinione dell’azienda, rappresenta la dimostrazione che non sono stati gli stralli a cedere per primi. «Le rotture dei fili e dei trefoli - rimarcano quindi i tecnici di Aspi - mostrano che il collasso non è avvenuto per semplice trazione, alla quale sarebbe dovuta corrispondere un allungamento anomalo premonitore a occhio umano del disastro, ma sono invece intervenuti altri meccanismi che hanno condizionato la perdita di resistenza». “


Questo è il commento a margine dell'articolo del Il SecoloXIX del venerdì 14 dicembre 2018

Il Secolo XIX 13/12/2018 "Così sarà demolito cosa resta del ponte Morandi "

Pubblicato su questo stesso blog

“ interessante è l'ipotesi fatta dall'ing. Michele Calvi io vorrei vedere le parti strappate dei trefoli di armatura degli stralli nelle zone dove sembrano essersi strappati ( così riferiscono i giornali ) vorrei vedere se non presentano bruciature o indicazioni di fusione.
Concordo con la tesi dell'allungamento , anzi qualcuno mi spieghi perche nessuno ha parlato del fenomeno della " STRIZIONE "
Ho già detto di non mettere mano alla demolizione se prima non sono state chiarite le cause del crollo “

Savona, 14/12/2018

Sempre da questo Blog

mercoledì 30 gennaio 2019

Dal Web 25/01/2019 " Ponte Morandi: ecco cosa dicono sul crollo i tecnici svizzeri dell’Empa " 

Stralcio

Secondo quanto riportato dalla perizia svizzera richiesta dalla autorità giudiziaria, la causa del crollo del ponte Morandi non sarebbe riconducibile agli stralli, che si sarebbero spezzati nella loro parte meno deteriorata. 
Gli stralli del ponte Morandi di Genova, i tiranti trasversali in cemento armato destinati a rinforzare l’opera, non sarebbero la causa del crollo: erano sì corrosi, ma si sarebbero rotti nella parte “sana”. È quello che emerge dal rapporto dell’Empa, il laboratorio svizzero incaricato dall’autorità giudiziaria di esaminare i reperti provenienti da Genova.


STRIZIONE E' IL FENOMENO CHE SI RISCONTRA QUANDO UN TONDINO DI FERRO VIENE ASSOGGETTATO A TRAZIONE.

IL TONDINO PRIMA SI ALLUNGA DIMINUENDO DI SEZIONE E POI SI STRAPPA

Savona 10/02/2019