mercoledì 28 aprile 2021

2021-04-23 Il Secolo XIX " Morandi, struttura in uno stato di degrado impressionante"

 

Da il Secolo XIX 23/04/2021

Morandi, a febbraio 2018 il documento inviato al Mit che sollecitava la chiusura del ponte: “Struttura in uno stato di degrado impressionante”

Genova - Il ponte Morandi "andava interdetto subito al traffico". E' quanto emerge dall'inchiesta sul crollo del viadotto autostradale chiusa ieri dalla procura di Genova. A scriverlo sono i pubblici ministeri basandosi su una comunicazione informale firmata da Antonio Brencich, il docente universitario membro esterno del Comitato tecnico del provveditorato alle opere pubbliche del Mit che, a febbraio 2018, aveva vagliato il progetto di rinforzo delle pile 9 (quella crollata) e 10.

I dirigenti del Mit ignoravano le condizioni del ponte

Brencich, scrivono i pm, descrive ai membri del Comitato l'ammaloramento del viadotto come "uno stato di degrado... impressionante, addirittura con la rottura di alcuni cavi metallici degli stralli". E ancora, uno "stato generale di degrado del calcestruzzo e delle armature dell'impalcato", "un pessimo stato di conservazione " e "una incredibile pessima prestazione del manufatto".

Questa comunicazione, ragionano i magistrati, avrebbe dovuto essere comunicata immediatamente agli organi pubblici di sorveglianza "affinché quella situazione di evidente rischio fosse resa pubblica e il transito veicolare fosse immediatamente interdetto".



Anche i dirigenti del ministero delle Infrastrutture, dal canto loro, avrebbero omesso qualsiasi tipo di sorveglianza. "Non procedevano - scrivono i pm - ad ispezioni e controlli diretti ma neppure richiedevano alla società concessionaria informazioni e documentazioni concernenti i lavori eseguiti e le condizioni dell'opera". In conseguenza "di questa totale ignoranza - si legge nelle carte - volontariamente perseguita, delle condizioni dell'infrastruttura più importante, complessa e fragile dell'intera rete autostradale, omettevano di adoperarsi affinché fossero rilevate e contestate alla società le sistematiche violazioni delle norme". 

lunedì 26 aprile 2021

2021/04/22 Da il Sole 24 Ore " Ponte Genova chiuse le indagini sul crollo "

Ponte Genova: chiuse le indagini sul crollo, verso il processo in 69

L'inchiesta è durata quasi tre anni. Coinvolti ex vertici e tecnici di Aspi e Spea (la controllata che si occupava della manutenzioni), ex e attuali dirigenti e tecnici del ministero delle Infrastrutture. Le accuse sono di attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo colposo, omicidio colposo e omicidio stradale

22 aprile 2021



2' di lettura

La procura di Genova ha chiuso le indagini per il crollo del ponte Morandi, il viadotto autostradale della A10 collassato il 14 agosto 2018 causando la morte di 43 persone. In queste ore la guardia di finanza sta notificando gli avvisi agli indagati. L'inchiesta è durata quasi tre anni nel corso dei quali sono stati fatti due incidenti probatori, uno sullo stato di salute del viadotto e un secondo sulle cause vere e proprie del crollo che si è chiuso a fine febbraio.

Pm: in pila 9 trefoli lenti già in anni '90

Per i pm già nel 1990 e nel 1991 Autostrade Spa sapeva che nella pila 9, quella crollata il 14 agosto 2018, vi erano “due trefoli lenti e due cavi scoperti su quattro”. È quanto emerge dall'avviso di conclusioni indagini che gli investigatori del primo gruppo della guardia di finanza sta notificando in queste ore ai 69 indagati più le due società Aspi e Spea. Le accuse sono di attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo colposo, omicidio colposo e omicidio stradale e rimozione dolosa di dispositivi per la sicurezza dei posti di lavoro

Pm: mai eseguiti lavori in 51 anni su pila 9

Sempre per i pm in 51 anni, dall'inaugurazione nel 1967 al crollo, non è «mai stato eseguito il benché minimo intervento manutentivo di rinforzo sugli stralli della pila» 9. Inoltre, «nei 36 anni e 8 mesi intercorsi tra il 1982 e il crollo, gli interventi di natura strutturale eseguiti sull'intero viadotto Polcevera avevano avuto un costo complessivo di 24.578.604 euro»: il 98,01% stati spesi dal concessionario pubblico e l'1,99% dal concessionario privato. «La spesa media annua del concessionario pubblico era stata di 1.338.359 euro (3.665 al giorno), quella del concessionario privato di 26.149 euro (71 al giorno)».

Le indagini sul crollo

Dalla tragedia sono nati altri filoni di indagine che hanno fatto luce sul “modus operandi” del vecchio management dell'azienda improntato, secondo l'accusa, al massimo risparmio sulle manutenzioni per garantire maggiori dividendi ai soci. La procura ha aperto fascicoli per i falsi report sullo stato di salute di altri viadotti, sulle barriere fonoassorbenti pericolose, fino alle gallerie dopo il crollo nella Bertè il 30 dicembre 2019. In tutti i filoni di indagine sono coinvolti l'ex ad di Aspi Giovanni Castellucci, finito anche ai domiciliari poi tramutati in interdittiva per un anno, l'ex numero due Paolo Berti e l'ex numero tre Michele Donferri Mitelli. Grazie alle indagini e al cambio dei vertici era partito un piano di controlli e investimenti sulle infrastrutture liguri, che l'estate scorsa ha portato enormi disagi sulla viabilità autostradale.



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venerdì 23 aprile 2021

2021-04-16 da il Secolo XIX Crollo del Morandi " La Intercettazione "

Crollo del Morandi, l’intercettazione: “Ho chiesto: rischiamo catastrofi? Hanno indicato il ponte di Genova sul pc”

Il colloquio tra Roberto Salvi e il padre Luciano è stato acquisito dagli inquirenti. Il primo per Atlantia aveva compilato il catalogo rischi nel 2013: “Io non ero mai andato a Genova, mi dicevano che c’erano sensori e controlli e i dirigenti sapevano”



Matteo Indice 16 Aprile 2021


Genova – Il Ponte Morandi, cinque anni prima della strage, era considerato una potenziale «catastrofe», da inserire come tale nei cataloghi di rischio compilati da Autostrade per l'Italia e da Atlantia. E quel pericolo legato a «ritardate manutenzioni» è stato edulcorato negli anni da manager i cui nomi vengono ora snocciolati al telefono.

Questi dettagli emergono da una delle intercettazioni che l'altro ieri sono state formalmente ammesse nel processo sulla strage del 14 agosto 2018 (43 vittime). La conversazione selezionata dagli inquirenti è fra Roberto Salvi e il padre Luciano. Salvi (mai indagato) è uno degli estensori materiali, in qualità di membro dell'audit Atlantia, dei cataloghi nei quali erano classificati i pericoli per ciascuna delle infrastrutture gestite sulla rete Aspi.

Telefona al padre il 28 marzo 2019 alle 7.01, dopo un lungo confronto con la Finanza: «Bene che ci sia la segretezza... nel mio caso, se avessero dato al legale di Autostrade una copia del mio interrogatorio... sicuramente avrebbe fatto un bel giro di mani, capito?».

Spiega d'aver rischiato un contro-esame aziendale e il padre lo interrompe: «Infatti, perché entrano in gioco anche quegli str... il management». E Roberto: «Questi potevano fare le verifiche, perché non le hanno fatte? ...Diranno: "Perché ho avuto altre priorità", perfetto! Chi te le ha date le altre priorità? Capisci? Se tu avevi contezza che questi erano dei rischi alti (intende quelli che si correvano per il Morandi, ndr), con che criterio si è fatto questo e non si è fatto quello? Devono rispondere!... Non si sono mai posti il tema, se questo rischio alto era il caso di fare delle verifiche ... Il catalogo viene poi addirittura approvato dentro il Comitato... possibile che nessuno alzava il dito e ha detto: signori, ma abbiamo preso tutti rischi alti in questo piano di audit?».

«Pensavo ci fossero i sensori»

Ripercorre poi ciò che ha spiegato ai finanzieri e che stava dietro la classificazione del Morandi, palesando come da tempo fosse il principale spauracchio. «Io non ero manco mai andato a Genova, a vedere questo ponte... mi hanno detto fai un'analisi sui rischi catastrofali, ho detto ok ma mi sono posto il problema... quali possono essere eh, non lo so... per esempio quello della caduta di un aereo sull'autostrada... che scavando scoppia una conduttura e tutti i lavoratori muoiono eh... magari un ponte che cade... Allora vado da quello che si occupa dei ponti: "Ma secondo te c'è qualche ponte... potrebbe esserci una catastrofe?».

E il collega rispose: «L'unica catastrofe è questo qua...». Insiste, Roberto Salvi: «Guarda, mi apre il computer, mi fa vedere (l'infrastruttura che viene mostrata è il Morandi, ndr)... "Vedi questo qua... passa sopra la ferrovia, sopra i palazzi e ti rendi conto da solo che se cade qualcosa..."..

Da quel momento lo abbiamo portato avanti come tema... né l'amministratore né nessun altro ha detto no, questo toglilo... Ho intervistato i responsabili, ho messo dentro i controlli (intende: ho scritto nel catalogo rischi che venivano eseguiti periodicamente rilievi, ndr) e mi hanno detto che erano esistenti, quei controlli!».

Lo sfogo si trasforma in un secondo verbale: «Se tu mi dici ci sono i sensori eh... che vanno a misurare... real time... eventuali vibrazioni oltre certe fasce di pericolo e segnalano alla Direzione di tronco queste vibrazioni... se avesse funzionato... potevano... facciamo una verifica... limitiamo il danno!».

Ma i sensori non c'erano: «Mi ha detto il maresciallo: "Ma lo sa che questo qua (cioè il sensore, ndr) non esisteva?"».

L'ultima parte dell'intercettazione focalizza un dato su cui le indagini si sono più volte soffermate, la rimodulazione del «rischio crollo» dal 2013 al giorno del disastro. Nella prima versione del Catalogo l'eventualità era messa in relazione «a ritardati interventi di manutenzione».

Successivamente quella voce così problematica è stata ricalibrata, come certificano le carte acquisite dai militari del Primo gruppo agli ordini del colonnello Ivan Bixio.

Nel 2015 è contemplato il «rischio crollo» generico e nel 2016 non è più collegato agli eventuali «ritardati interventi nelle manutenzioni», ma a una molto più vaga «perdita di funzionalità statica».

Roberto Salvi nomina tre responsabili degli audit interni di Atlantia-Autostrade che avevano all'epoca facoltà d'intervenire sui dossier (Simone Bontempo, Marco Pace e Concetta Testa, sentiti dagli inquirenti ma mai indagati) e pone una domanda netta: «Perché prima si diceva rischio crollo del Polcevera (intende il Viadotto Polcevera) in caso di ritardata manutenzione e poi è sparito?».

In un passaggio precedente aveva invece rivelato il suo pensiero sugli alti dirigenti: «Questi vogliono fare i direttori... pigliarsi la macchina tremila di cilindrata... pigliarsi i soldi e poi dopo non vogliono pigliarsi le... Ma rispondessero pure loro!». 


 

domenica 21 febbraio 2021

2021-02-21 Ponte Morandi " concluso l'incidente probatorio "

Ponte Morandi, «nel reperto 132 solo 5 trefoli su 464 non erano corrosi»

Su Repubblica Genova. Lo scrivono i periti del gip nella relazione discussa ieri durante il secondo incidente probatorio. Il reperto fa parte della pila 9, quella crollata il 14 agosto 2018

Nel reperto 132 del Ponte Morandi, la prova regina del degrado del viadotto crollato il 14 agosto2018, soltanto 5 trefoli su 464 non erano corrosi. E’ scritto nella perizia del gip, presentata ieri nel secondo incidente probatorio sulla tragedia che ha portato alla morte di 43 persone. Lo racconta Repubblica Genova.

Il reperto 132 è la parte che si trova in cima al tirante della pila 9, quella ceduta nel viadotto, portandolo al collasso. All’interno ci sono i trefoli di acciaio, costituiti a loro volta da fili.

“Secondo gli esperti il grado di corrosione riscontrato nei trefoli non è omogeneo: si va da una percentuale molto alta in alcuni punti, considerata assolutamente critica per lo stato di salute della struttura, ad altre più basse che non ne avrebbero compromesso la tenuta”.

La causa dell’ammaloramento dipende anche da un difetto di costruzione, che è l’aspetto su cui naturalmente puntano i legali degli indagati di Autostrade e Spea. Ammaloramento, peraltro, già emerso nel corso del primo incidente probatorio.

Ilnapolista © riproduzione riserv ata 19 Febbraio 2021

Ponte Morandi, concluso l’incidente probatorio: il viadotto crollò per la corrosione dei tiranti

La tragedia fu causata dal cedimento del tirante della pila 9, escluse altre concause. Il presunto difetto di costruzione avrebbe potuto essere corretto con un’adeguata manutenzione

La causa del crollo del Ponte Morandi, il 14 agosto del 2018, fu la corrosione degli stralli.

Non ci fu alcuna concausa come la caduta della famosa bobina da un camion in transito. E’ il risultato a cui è arrivato il secondo incidente probatorio sulle cause della strage che uccise 43 persone, conclusosi ieri.

Il difetto di costruzione a cui si sono appellati i difensori di Autostrade e Spea, se pure ci fosse stato, avrebbe potuto essere corretto con un’adeguata manutenzione, che invece è mancata.La tragedia fu causata dal cedimento del tirante della pila 9, escluse altre concause. Il presunto difetto di costruzione avrebbe potuto essere corretto con un’adeguata manutenzione

Le conclusioni dell’udienza sono riportate dal Secolo XIX.

Secondo i periti, la causa del crollo resta il cedimento di uno strallo, ovvero la sommità di un pilone. L’anima in acciaio, circondata dal calcestruzzo e quindi non visibile dall’esterno, si è progressivamente corrosa, fino a spezzarsi e a generare l’effetto domino che ha disintegrato il ponte.

A cedere, nello specifico, è stato il tirante della pila numero 9, lato mare.

Con la chiusura dell’incidente probatorio, la prossima tappa legale è il 3 marzo, quando, nella cosiddetta “udienza stralcio”, si deciderà quali intercettazioni si possono ammettere e quali no.

ilnapolista © riproduzione riserv ata 21 Febbraio 2021




 

lunedì 15 febbraio 2021

2021/02/05 PONTE MORANDI nato malato strangolato dai cavi marci

 Ho trovato questo articolo in internet cercando le ultime notizie sul maxiprocesso.

Non so chi sia colui che trae le conclusini ma per me non ci ha capito un "......." niente, trae conlusioni non condivisibili .

dai filmati si vede chiaramente che ha ceduto l'attacco tra il " pennone e lo strallo " a giudizio dell'articolista sembra che abbia ceduto la fondazione.

Allego l'articolo


Ponte Morandi nato malato. Strangolato dai cavi marci

I segnali d'allarme c'erano dall'inizio. A provocare la catastrofe l'incuria di Autostrade e parastato

Luca Fazzo - Ven, 05/02/2021 - 08:13


Genova. Il «tumore». Ormai gli avvocati della megainchiesta sul crollo del ponte Morandi lo chiamano così.

Il «tumore» è il groviglio di cavi d'acciaio che nel 1965 venne piazzato a reggere la pila 9 del viadotto sul Polcevera, e che fin da subito si trovò immerso nell'acqua, negli acidi, nella salsedine: e cominciò a incancrenire come una metastasi. Sono espressioni crude. Ma quella andata in scena in questi giorni nel tendone del tribunale genovese sembra davvero una autopsia. Sul tavolo c'è un cadavere. Non di un uomo: il gigantesco cadavere del ponte crollato il 14 agosto 2018. Sezionato, analizzato.

Come tutti i cadaveri, anche quello del Morandi parla. Il tumore è lì, sul tavolo dei periti: il «reperto 132», il pezzo della pila 9, lato sud, che alle 11,36 cede di schianto. Su questo ormai sono tutti d'accordo, consulenti dell'accusa e della difesa. Ma come nei processi per colpe mediche, dove si parla di esseri umani lasciati morire senza cure o con le cure sbagliate, la domanda cruciale è: il malato si poteva salvare? I sintomi si coglievano, erano affrontabili? Ed è qui che le versioni divergono, e la battaglia dei settantuno indagati - con i pubblici ministeri, e poi tra di loro, gli uni contro gli altri - si annuncia aspra e interminabile, col rischio che l'immane complessità della materia porti tutto avanti nel tempo.



Anche per questo, le famiglie di trentanove dei quarantatré morti hanno scelto di mollare, prendere i soldi, uscire per sempre dal tormento senza fine delle sentenze giuste o sbagliate, dei ricorsi, delle prescrizioni. A combattere sono rimasti in tre. Marcello Bellasio, che perse due figli; Nadia e Egle Possetti, che persero la sorella; e il papà di Giovanni Battiloro. A loro, spiegano, i milioni di Autostrade non interessano. Vogliono capire perché, per colpa di chi.

Non si sono accontentati della perizia disposta dal giudice, quella discussa per tre giorni questa settimana, e su cui dal 18 febbraio avvocati e periti torneranno a litigare.

Bellasio e le Possetti hanno voluto un loro consulente, uno di cui si fidassero.

Si chiama Paolo Rugarli, è un ingegnere milanese, ha depositato 373 pagine con la sua risposta alle domande del giudice.

Ed è accaduta una cosa singolare. Sulla ricostruzione di Rugarli - una ricostruzione impietosa, di cui qua accanto si riportano i passaggi principali - si sono ritrovati in buona parte anche gli imputati legati ad Atlantia ovvero ai Benetton, i manager entrati in scena con la privatizzazione di Autostrade nel 1999, a partire da Giovanni Castellucci, prima amministratore e poi presidente.

Anche con loro, con le omissioni per ignavia o per soldi della gestione privata, la ricostruzione di Rugarli ha la mano pesante.

Ma ha un pregio: guarda anche all'indietro, riavvolge il filo della tragedia fino agli esordi del ponte, alla progettazione, alla costruzione, ai segnali d'allarme iniziati prima ancora che sui 1.182 metri progettati dal grande Enrico Morandi passasse la prima auto.

E sugli anni successivi, gli anni dell'Anas, delle autostrade pubbliche, del parastato sprecone e miope. Il ponte, dice Rugarli, nacque già malato. E la sua morte, cinquant'anni dopo, fu la conseguenza inevitabile di una serie di colpe imperdonabili da parte praticamente di chiunque, in un ruolo o nell'altro, vi abbia messo le mani.

Anche la Procura di Genova ha, sulla carta, nel mirino quel periodo. Ma Castellucci e gli altri sono convinti (e gli indizi ci sono) che alla fine rischiano di essere gli unici chiamati a pagare.

Non ci stanno. E la mano decisiva forse gli arriverà dal perito delle loro vittime.

mercoledì 23 dicembre 2020

22/12/2020 Il secolo XIX " Con una normale manutenzione il Morandi non sarebbe crollato "



 


 

Se è vero tutto quello che hanno scritto non lo avrebbe salvato neanche un miracolo , il ponte andava demolito ed Aspi lo ha preso nel 2003

Che si sia sganciato dalla sommità della pila nove lo si vede dai filmati, non può essersi"diciamo sganciato " all'improvviso ma i trefoli avranno ceduto un po alla volta, perchè non tutti saranno stati corrosi allo stesso modo, ci deve essere stato un segnale del cedimento anche evidente sulla sede stadale, io  in un articolo precedente ipotizzavo il fenomeno della strizione ma i periti non ne parlano, e non parlano anche di qualche evento straordinario che abbia contribuito a far cedere di schianto la strallo.

Le domande dei giudici hanno indirizzato la perizia, aspettiamo la controperizia di Aspi ( io non difendo Aspi, ritengo inconcepibile che abbiano messo scientemente a repentaglio la vita di tutti coloro che attraversavano il ponte,)

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domenica 20 dicembre 2020

2020-12-19 da Il secolo XIX " Asfalti, marciapiedi,torrente Letimbro ecc

 Ora che hanno finito il mandato hanno trovato i soldi " avranno sbagliato la programmazione ? "

Tra i lavori da fare non ci sono le strade di Villapiana  " Via Mignone parte bassa, Via Alessandria , strade fracassate dal passaggio dei mezzi pesanti dell'Aurelia Bis; Via Piave tutta" noi la abbiamo segnalato più volte e lo rifaremo.


Procopio Giuseppe 20/12/2020